Specchi d'autore. Il cinema riflette su se stesso
The Studio, The Franchise, The Offer... avete fatto caso che ci sono dei periodi in cui il cinema smette di guardare fuori e inizia a guardarsi dentro? Ecco, questo è uno di quei periodi.
Ciao, come state? Probabilmente leggerete questa puntata poco prima di Pasqua. Vi/ci aspettano giorni di riunioni con parenti, pranzi e cene infinite, tonnellate di cioccolato ingurgitato. L’alternativa? Andarsene al cinema. Che poi, a pensarci bene, andare al cinema è sempre una buona alternativa a tutto. Se anche voi siete alla ricerca di una via di fuga (o semplicemente volete un po’ di silenzio e isolamento), questa newsletter potrebbe fare al caso vostro: vi segnalo un paio di buoni film da vedere in sala e qualche serie perfetta per maratone post-colomba. A rileggerci dopo le feste (dai che durano poco!).
Negli ultimi mesi, complice una stanchezza creativa generalizzata, la crisi dell’industria e un bisogno crescente di rimettere ordine nel caos produttivo contemporaneo, le serie e i film che parlano di cinema sono sempre di più. Non intendo semplicemente storie ambientate su un set, ma opere che riflettono sull'atto stesso di raccontare, produrre, dirigere, vendere e (provare a) salvare il cinema.
The Studio: una risata ci seppellirà
La più recente in ordine di uscita è The Studio, serie Apple TV+ ideata da Seth Rogen, ambientata all’interno di una storica casa di produzione sull’orlo del fallimento. Protagonista: un giovane dirigente alle prime armi e alle prese con la pressione di salvare l’intero baraccone accettando progetti sempre più grotteschi e compromessi.
La serie è una satira feroce e dichiaratamente metacinematografica, è cinica ma anche tenera, colta ma non presuntuosa, ma soprattutto è molto molto divertente. È piena di attori che interpretano versioni distorte di se stessi, da Scorsese a Buscemi. Ma soprattutto, è uno specchio che mostra senza pietà la macchina dei sogni mentre sbuffa, arranca, e cerca disperatamente di reinventarsi in un'epoca in cui il cinema non è più il centro della cultura pop.
The Franchise: eroi per finta, crisi vere
Un altro esempio è The Franchise, serie HBO (la trovate su Sky/Now) ideata da Armando Iannucci, con la regia di Sam Mendes. Qui il bersaglio è più preciso: le produzioni supereroistiche, i blockbuster ingessati da anni di serialità infinita, le tensioni tra marketing, VFX, ego da star e produttori in panico.
In The Franchise, ogni episodio è un concentrato di disagio creativo: attori confusi, autori frustrati, assistenti che fanno da cuscinetto emotivo tra l’arte e il budget. La serie funziona perché non è solo uno sberleffo, è anche un atto d’amore cinico verso un sistema che tutti fingiamo di odiare, ma che continuiamo a consumare in massa.
E’ divertente, è critica, e in America ho l’impressione non l’abbiano presa benissimo perchè è stata cancellata dopo una sola stagione…
Boris: la madre di tutte le autocritiche
In Italia, lo sappiamo, ci siamo arrivati prima. Boris è stata (e resta) la madre di tutte le serie metacinematografiche. Quando nel 2007 la serie debuttò su Fox, sembrava solo una presa in giro di una fiction di seconda serata. Ma già allora c’era dentro tutto: la precarietà, la mediocrità premiata, i compromessi al ribasso, la creatività annacquata, la censura non ideologica ma algoritmica (prima ancora che esistessero gli algoritmi).
Ogni stagione è stata una diagnosi accurata dell'ecosistema televisivo e produttivo italiano. E il ritorno nel 2022, pur con qualche incertezza, ha confermato una cosa: Boris (nel frattempo diventata fonte di infiniti meme e modi di dire - non c’è bisogno che vi dica quali, no? - funziona perché ha sempre messo in scena le nevrosi di chi il cinema lo fa, non solo di chi lo guarda.
Ma perché proprio adesso tutti questi film e serie che parlano di Hollywood?
Perché, secondo me, il cinema, come ogni organismo in crisi, ha bisogno di elaborare il trauma. E cosa fa un autore quando si sente perso? Scrive di sé.
Hollywood, intesa sia come luogo fisico che mitologia diffusa, sta vivendo un momento di ridefinizione radicale. Le piattaforme hanno stravolto le regole, le sale arrancano, gli scioperi di sceneggiatori e attori hanno messo a nudo disuguaglianze e precarietà. Di fronte a tutto questo, il cinema torna a parlare di sé. Non per autocompiacimento, ma per autodiagnosi.
Queste serie non sono solo divertenti: sono radiografie. Il backstage diventa la scena principale, il microfono boom fuori campo è il vero protagonista. E il pubblico, che spesso conosce già le dinamiche produttive grazie ai social e ai contenuti extra, entra nel gioco con più consapevolezza. Ridiamo, ma sappiamo che non è tutto inventato.
Questa tendenza non si ferma qui. Pensiamo a Irma Vep di Olivier Assayas (HBO), a The Offer (Paramount+), che racconta la folle lavorazione de Il Padrino, o a Call My Agent! in versione francese, britannica o tutta italiana. Tutte opere che smontano e rimontano la macchina cinema.
E naturalmente c'è anche il grande schermo: The Fabelmans di Spielberg è un autoritratto in forma di romanzo di formazione; Babylon di Damien Chazelle è una ballata selvaggia, sguaiata e poetica sull’inizio e la fine dei sogni; Once Upon a Time in Hollywood di Tarantino è nostalgia e disillusione, una Hollywood parallela dove si prova a salvare l'incanto.
Il cinema che parla di sé è una forma di autocoscienza. Fa ridere, sì. Ma anche pensare, ricordare, confrontare. E ogni tanto, ci mostra cosa resta quando il set si svuota e le luci si spengono: la voglia di ricominciare da capo. Con più verità, magari. E meno effetti speciali.
🎬Ultime cose viste (Film e serie tv)
🎥 Ivano De Matteo torna al cinema con Una figlia, un film che scava nelle fragilità dei legami familiari, ispirandosi al romanzo Qualunque cosa accada di Ciro Noja. Dopo Mia, Ivano De Matteo affronta con coraggio e senza retorica un tema delicato: cosa significa essere genitori quando i figli sbagliano? Come si può amare qualcuno che ha ferito profondamente? Dove finisce la responsabilità di un padre o di una madre? Il film indaga il dolore del fallimento educativo, l’impotenza di fronte alla sofferenza dell’altro, e l’urgenza di perdonare, nonostante tutto. Non c’è giudizio in questa narrazione, solo uno sguardo lucido, empatico, che scava nella complessità dell’animo umano. Una figlia è una visione dolorosa e ansiogena, come Mia, è un film che non ti lascia dopo la visione ma che ti porterai dentro per un bel po’. Presentato al Bif&st 2025, arriva nelle sale italiane dal 24 aprile.
🎥 Amo i film imperfetti, i film che sanno sorprendermi, quelli che mi fanno tornare bambino e mi fanno uscire dalla sala elettrizzato. I Peccatori è così: un racconto gotico, una denuncia storica, un musical dannato e un horror lirico e furioso (con vampiri!) che affonda i denti nella storia americana. Ryan Coogler firma il suo film più ambizioso ma, soprattutto, trova la sua voce, al di fuori delle lusinghe del franchise. Ve ne parlo qui, andate a vederlo, sono sicuro diventerà un cult.
🎥 L’amore, in teoria, è il nuovo film di Luca Lucini, regista di Tre metri sopra il cielo, il cult romantico degli anni 2000. Il soggetto è di Gennaro Nunziante, mentre la sceneggiatura è stata affidata alle giovani autrici Amina Grenci e Teresa Fraioli, che, recita il pressbook, “hanno raccontato l’amore con lo sguardo della loro generazione”. Il problema è che, nonostante le buone intenzioni, L’amore, in teoria è un film nato vecchio. Oltre la simpatia del protagonista interpretato in maniera fin troppo goffa da Nicolas Maupas, nonostante cerchi di parlare ai giovani e rappresentare la loro confusione sentimentale, non ha il linguaggio dei giovani, e finisce per annegare nelle solite banalità (evviva la monogamia), non aiutato da una serie di comprimari che dovrebbero rappresentare le varie sfaccettature dell’amore ma che finiscono per essere solo pallide figurine. A chiudere il tutto Francesco Salvi barbone saggio… eddai! Esce il 24 aprile, fate voi.
Preferito Cinema Show: “L’ultima isola” e “Sono apparso alla Madonna”
Nell’ultima puntata di Preferito Cinema Show, tra verità e viaggio interiore abbiamo parlato di verità, di finzione, di chi ci crede e di chi cerca di capire. E anche di complotti, illusioni, e di un’Italia che cambia ma resta profondamente umana.
In apertura trasmissione abbiamo parlato con Giulia Petrungaro, attrice protagonista di Cercando Itaca di Sergio Basso, un film che ci conduce in un viaggio esistenziale, fisico ed emotivo, alla ricerca di un senso, di una casa, di sé.
In studio abbiamo avuto il regista Valerio Ferrara, che ci ha presentato Il Complottista, film - dal suo corto Il barbiere complottista che trovate su RaiPlay - che ci porta nella mente di un barbiere romano ossessionato dalle teorie del complotto.
Se volete recuperarla, ecco la puntata 👇
Se invece volete ascoltare il podcast su Spotify - solo talk senza musica - vi basta cliccare sull’immagine.
🎙️Nella prossima puntata sarà nostro ospite il regista Mattia Riccio che ci presenterà la sua opera prima, il film horror La figlia del bosco disponibile su Prime Video e Tim Vision. Girato tra il Monte Terminillo e Monte Livata, La figlia del bosco rappresenta una sfida produttiva portata avanti da una troupe giovane composta interamente da professionisti under 30.
Sempre con noi in diretta ci sarà un altro regista, Giorgio Caporali, che ci presenterà la sua opera prima, L’Arca, un racconto appassionato e attuale che parla di amicizia e identità.
Appuntamento quindi martedì 22 aprile, ore 16, sempre e solo su Radio Kaos Italy.
📚Un consiglio di lettura. Tre motivi per leggere:
Perché è il Tarantino più nerd che leggerete mai.
Altro che interviste promozionali: in questo libro, Tarantino si scatena come cinefilo puro, analizzando i film americani degli anni ’70 con la passione maniacale di chi li ha visti mille volte al cinema di periferia. Scopriamo il regista come spettatore, con gusti decisi, opinioni taglienti e aneddoti da collezione. È come ascoltarlo parlare per ore in un videonoleggio… non ha prezzo!.
Perché non è un semplice saggio di critica, ma un memoir mascherato.
Tarantino parte da film come Taxi Driver, Bullitt o Rolling Thunder, ma nel farlo racconta anche la sua infanzia, il suo rapporto con la madre, con i cinema grindhouse, con la cultura pop che lo ha formato. È un viaggio nella memoria personale e cinematografica, pieno di deviazioni, colpi di scena e dettagli gustosi.
Perché è scritto con una voce unica, irriverente e contagiosa.
Non c’è nessun altro autore che potrebbe scrivere così: digressioni geniali, giudizi spiazzanti (ad esempio su De Palma o Schrader), riscritture alternative di finali, ma anche riflessioni intelligenti sulla critica cinematografica e sul perché certi film invecchiano male… o benissimo. È una lettura che si divora come una sceneggiatura pulp, con lo sguardo critico di un regista e l’entusiasmo di un ragazzino.
⚒️Tool, link utili, plug in, produttività, svago…
🎨 Un piccolo gioiello digitale da usare quando il cervello ha bisogno di una pausa creativa. Su Paint with Music puoi disegnare e, mentre lo fai, generare musica in tempo reale. Ogni tratto diventa una nota, ogni colore uno strumento, e alla fine ti ritrovi ad aver composto una piccola sinfonia visuale. È rilassante, divertente, totalmente inutile per il lavoro… quindi perfetto.
🌱 Premessa semplice e geniale: ogni volta che vuoi concentrarti, pianti un albero virtuale. Se resisti alla tentazione di toccare il telefono, il tuo alberello cresce. Se molli e apri Instagram… muore. Forest è un’app di produttività che ti aiuta a rimanere concentrato mentre costruisci, giorno dopo giorno, una piccola foresta digitale (e reale: l’app sostiene anche programmi di riforestazione nel mondo). Perfetta per chi lavora da casa, scrive, studia… o cerca scuse poetiche per non scrollare TikTok.
🎧 Hai mai visto una scena e pensato: “Ok, ma questa canzone qual è?!”? TuneFind è la risposta. Il sito raccoglie tutte le musiche apparse in serie TV, film e persino videogiochi. Puoi cercare per titolo della serie, episodio, scena... e trovi immediatamente il brano, con tanto di link per ascoltarlo o salvarlo su Spotify.