Cose pazze che si fanno per il cinema.
Da chi lo fa, da chi lo ama: perché è un po' come una fede laica, una religione privata fatta di sale buie, proiezioni e riti condivisi.
Ciao, come state? Oggi puntata un po’ così, in cui ricordi personali si intrecciano ad un discorso più ampio che però ha sempre lo stesso focus: l’amore per il cinema. L’ho detto fin dalla prima puntata di questa newsletter che sarebbe stato uno spazio modello blog, in cui sarei stato libero di spaziare, e questa puntata sarebbe stata benissimo in uno dei blog che scrivevo anni fa. E’ anche quello un po’ il bello no? Questa newsletter è dedicata ad un po’ di persone, loro lo sapranno, con chi chiacchiero quotidianamente di cinema (e vita), con chi condivido anteprime, gioie e dolori di questo lavoro, con chi ha la mia stessa passione/ossessione…
La puntata di oggi arriverà nelle vostre caselle di posta il 25 aprile, data mai come in questo periodo importante e significativa. Non solo per quello che rappresenta storicamente, ma anche per il valore che continua ad avere oggi. Il 25 aprile è un promemoria. Di scelte, di libertà, di possibilità. È la prova che ogni tanto nella storia collettiva e personale arriva un bivio, e sta a te decidere da che parte stare. È anche una data che ha sempre avuto un’eco dentro il cinema italiano: pensate a quante storie abbiamo visto raccontare la Resistenza, la disillusione, la speranza, lo scontro tra l’ideale e la realtà. Ecco, forse anche questa newsletter – nel suo piccolo – è un esercizio di memoria. Un modo per non dare nulla per scontato. Perché la cultura, il cinema, le storie… sono sempre atti di resistenza. Anche quando sembrano solo intrattenimento. Buona lettura, buona festa della Liberazione, e buon cinema.

Siamo nel 2004. Ho 21 anni. Scrivo di cronaca per un settimanale. Scrivo di cinema in un paio di blog e in quello che sarebbe poi diventato Sitopreferito. Nel frattempo studio Storia e critica del cinema all’Università. Il cinema è la mia grande passione. Il cinema orientale lo è anche di più. Provo puro amore per John Woo, Ringo Lam, Tsui Hark, Wong Kar-wai e tutti gli altri registi che da lì a poco sarebbero approdati ad Hollywood rivoluzionando un genere.
Siamo nel 2004, dicevo. Non ci sono le piattaforme streaming, si scarica con eMule rischiando sempre di beccare un porno asiatico invece dell’ultimo film di Jet Li. Vado a piazza Vittorio da zio Cheng a comprare costosissimi VCD e DVD import, ma è l’unico modo per vedere certi film.
A Udine sta per aprire la sesta edizione del FEFF, il Far East Film Festival, la più grande vetrina di film asiatici esistente in Italia.
Federico è il mio migliore amico. Ci conosciamo da quando eravamo alti due mele e una castagna, l’ho un po’ trascinato in questa mia passione per il cinema asiatico ma poi si è appassionato anche lui, complice anche il fatto che Federico è un cultore delle arti marziali e io l’ho conquistato a colpi di film di Jackie Chan e Jet Li.
Decidiamo in pochissimo tempo. Lui ha una Opel Astra station wagon di un colore improbabile (un verde strano che ancora oggi non saprei definire). Facciamo le prove, abbattiamo i sedili posteriori e proviamo a vedere se ci stiamo in due, se riusciamo a dormirci dentro. Prove abbastanza inutili, siamo giovani, abbiamo dormito in posti peggiori (in quattro dentro una Uno al porto di San Benedetto del Tronto).
L’altro problema è, ovviamente, economico. Siamo due squattrinati, ma riusciamo a mettere insieme i soldi per la benzina, andata + ritorno. Per il cibo infiliamo dentro una borsa termica panini al prosciutto cotto, unica cosa che mangeremo per tutti i cinque giorni (no, non è vero, l’ultimo giorno decidiamo di spendere tutti i soldi che avevamo per andare in un ristorante, dividerci un piatto decente e una bottiglia di rosso - ancora ricordiamo quel piatto con l’acquolina in bocca).
Si va? Si va. Si parte di notte, sosta all’autogrill per un paio d’ore di sonno e arriviamo ad Udine alle prime luci dell’alba. Durante il viaggio ci ferma anche una volante della Polizia e ci perquisisce, quando gli abbiamo detto che andavamo ad un festival di cinema e hanno visto il “letto” pronto per la notte ci hanno guardato con sospetto immaginando altri tipo di “filmini” (ma questa è un’altra storia).
Parcheggiamo nel grande parcheggio adiacente al Visionario, il cinema dove abbiamo praticamente vissuto per cinque giorni. Giorni stupendi. Dalla mattina alla sera a vedere film asiatici. Johnnie To era ospite insieme al suo fido sceneggiatore Wai Ka-Fai e presentava il bellissimo Turn Left Turn Right, ancora oggi uno dei miei film d’amore preferiti e incredibilmente mai distribuito in Italia. Ricordo a fine proiezione il teatro è letteralmente caduto, una standing ovation ha accolto il regista che ha firmato un’opera spudoratamente romantica ed emozionante.
L’ultima serata era dedicata all’imponente film di guerra Tae Guk Gi, diretto da Kang Je-gyu (questo distribuito in Italia in home video con il titolo di Brothers of War - Sotto due bandiere). Ma abbiamo visto tanti tanti film bellissimi, provenienti da ogni parte d’Asia.
Chissenefrega se la mattina ci svegliavamo vagamente doloranti, se non ci siamo fatti una doccia per cinque giorni (neanche vagamente pettinati ora che ricordo), se abbiamo mangiato panini al prosciutto stantii (e forse anche vagamente ammuffiti), abbiamo soddisfatto la nostra passione per il cinema, in modo un po’ folle, sicuramente incosciente, molto imbarazzante (più per gli altri che per noi), ma chissenefrega.
Siamo tornati a casa felici.
A proposito, quest’anno al Far Est c’è Tsui Hark che riceverà il Gelso d’Oro alla carriera dalle mani di Tony Leung Ka-Fai (ricordate L’amante di Jean-Jacques Annaud?). Credo sia ora di chiamare Federico…
Una dichiarazione d’amore (squilibrata) alla settima arte
Il cinema è follia. Non solo nel senso più evidente – quello dei registi che si spingono oltre ogni limite per completare la propria opera, o degli attori che si annullano in un personaggio fino a dimenticare se stessi – ma anche, e forse soprattutto, nella dedizione quasi patologica di chi il cinema lo ama al punto da sacrificare tempo, denaro, sonno, dignità, relazioni sociali.
Chi ha mai attraversato una città sotto la pioggia per riuscire a vedere l’ultima proiezione di un film in lingua originale? Chi ha mai preso ferie per seguire un festival? Chi ha mai dormito in auto pur di esserci al primo spettacolo di un film che aspettava da mesi? Quella è follia.
È una forma di fede laica, una religione privata fatta di sale buie, proiezioni zoppicanti, e riti condivisi con sconosciuti silenziosi.
C’è chi si è fatto (quasi) arrestare per entrare a una première. Chi ha venduto oggetti di valore per comprare un biglietto per Cannes. Chi ha attraversato confini, letteralmente, solo per vedere un film in anticipo rispetto al proprio paese. C’è persino chi si è sposato sul set di un film cult o ha scelto il nome del proprio figlio ispirandosi a un personaggio cinematografico.
Il cinema, quando ti prende, ti prende tutto. È un amore che ti logora e ti rinnova, che ti costringe a giustificarti con chi non capisce “ma perché non aspetti che esca in streaming?”. Ma come si fa a spiegare l’urgenza di esserci, il bisogno fisico di sedersi in sala, di vivere il cinema come un evento, di vedere quel film in quel momento?
E dall’altra parte ci sono loro: i visionari, gli ossessivi, i registi che trascinano vere navi in Amazzonia, che si rovinano economicamente pur di girare in pellicola, che litigano con produttori e studios per difendere il finale “giusto” anche se impopolare. Attori che si auto-segregano, che si trasformano, che rischiano la salute per un ruolo (e di questo magari parleremo in una prossima puntata di questa newsletter).
Chi fa cinema, chi lo ama davvero, non è sano. Ma è proprio in questa mancanza di equilibrio che nasce la magia.
Perché il cinema, come ogni grande amore, ha bisogno di un pizzico di follia per essere vero.
Preferito Cinema Show: “La figlia del Bosco” e “L’Arca”
Mattia Riccio, in collegamento telefonico, ci ha raccontato La figlia del bosco, horror sospeso tra fiaba oscura e denuncia ecologista, disponibile su Prime Video, Tim Visione e AppleTv+.
In studio con noi Giorgio Caporali, regista de L’Arca, un film delicato e potente che racconta il sogno di due amici di riprendersi la libertà costruendo una via di ritorno. Una barca, un’amicizia, un’utopia. Torneremo a parlarne perchè merita…
Se volete recuperarla, ecco la puntata 👇
Se invece volete ascoltare il podcast su Spotify - solo talk senza musica - vi basta cliccare sull’immagine.
🎙️Nella prossima puntata parleremo di un festival fighissimo: il Moscerine Film Festival, che si svolgerà il 5-11 Maggio 2025 a Roma, un festival fatto dai bambini e con i bambini come protagonisti. Spazio poi ad un corto che mi è piaciuto moltissimo che tratta un tema importante: Due, tratto dal best seller Gemelle edito da Orecchio Acerbo, diretto da Lisa Riccardi con Margot Sikabonyi.
Appuntamento martedì 29 aprile, ore 16, sempre e solo su Radio Kaos Italy.
📚Un consiglio di lettura. Tre motivi per leggere:
Perché è la Bibbia del cinema raccontato da chi lo ha fatto.
Non è solo una lunga intervista: è un dialogo tra due giganti. François Truffaut, regista e critico, fa sedere Alfred Hitchcock e lo spinge a svelare trucchi, ossessioni, segreti di regia. Un libro che vale più di qualsiasi manuale di sceneggiatura, perché parla di ritmo, inquadrature, tensione... ma dal punto di vista di chi sapeva usarli come un prestigiatore.Perché è una masterclass travestita da conversazione.
Hitchcock analizza i suoi film uno per uno, racconta scene famose, spiega scelte visive, racconta fallimenti e intuizioni. Truffaut lo incalza, fa domande intelligenti, smonta le leggende. È come trovarsi a spiare due cinefili che si stimano e si confrontano da pari.Perché è un atto d’amore verso il cinema.
Al di là della tecnica, quello che emerge è la passione viscerale per la narrazione per immagini. Si parla di suspense, ma anche di censura, di psicanalisi, di simbolismo, di pubblico e di ossessioni personali. E poi c'è Hitchcock, ironico, brillante, a tratti spietato... ma sempre geniale.
⚒️Tool, link utili, plug in, produttività, svago…
🔍 SeriesHeat è uno strumento interattivo creato da Jim Vallandingham, sviluppatore specializzato in data visualization, che consente di esplorare le valutazioni medie degli episodi di qualsiasi serie TV presente su IMDb attraverso una mappa termica. Basta digitare il titolo di una serie TV per visualizzare una griglia colorata che rappresenta le valutazioni medie degli episodi per stagione. Ogni cella della griglia corrisponde a un episodio, con colori che vanno dal verde (episodi altamente valutati) al rosso (episodi con valutazioni più basse), passando per il giallo e l'arancione per le valutazioni intermedie.
🍃 Un’alternativa a Google che fa bene al pianeta: Ecosia, un motore di ricerca che utilizza i proventi pubblicitari per finanziare la riforestazione. Ogni ricerca genera entrate, e una buona parte (almeno l'80% degli utili) viene investita per piantare alberi in aree colpite dalla deforestazione. Ecosia si appoggia ai risultati di Bing, ma traccia e vende meno dati rispetto ad altri motori di ricerca, ed è completamente carbon negative (compensa più CO₂ di quella che produce). Nel tempo, ha piantato oltre 180 milioni di alberi in tutto il mondo, dall’Africa all’America Latina, passando per l’Indonesia. Il sito pubblica report mensili trasparenti, quindi puoi vedere dove finiscono i soldi e quali progetti stai aiutando semplicemente… cercando su internet.
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